martedì 21 aprile 2009

L'INGRATO - Recensione


Sacha Naspini ha scritto un romanzo breve davvero piacevole, intenso e profondo. La storia è quella del maestro Calamaio, un uomo solo in un paese della maremma che lo considera, nonostante gli anni passati in quel luogo, ancora un corpo estraneo. Calamaio risponde a questa sua emarginazione fuggendo nella pittura, anche qui non in modo originale, ma con una quasi maniacale copiatura delle opere di Lautrec. Il protagonista è anche un uomo che si porta dentro la colpa di aver spiato una sua alunna mentre si trovava in bagno. Un comportamento che non è mai stato urlato nel paese, semmai sussurrato, ma che porta il protagonista a chiudersi di più in quel sottoscala nel quale la sua pittura gli consente di volare sulle miserie umane . Eppure un giorno quella bambina, ormai donna, riappare e inizia da qui un rapporto che porterà sconvolgimenti nella vita interiore del maestro e nel suo rapporto con la gente del paese. Così, proprio mentre da questo rapporto il maestro trae la forza per ritrovare se stesso, una svolta che trova la sua conferma nel cambiamento della sua pittura, il paese unanime lo condanna ad una emarginazione più dichiarata e dura. Il racconto della storia viene riportato con una tecnica narrativa efficace che alterna il racconto in terza persona della vita del protagonista con quello nel quale viene rappresentato ciò che pensa di lui la gente del paese. Ne esce fuori un ritmo pacato e gradevole che il lettore non può non apprezzare.

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