martedì 21 aprile 2009

I SASSI - Recensione


a cura di Miriam Ravasio

Un enunciato matematico di Bourbaki afferma che l’aggiunta di un solo punto, rende compatto ogni spazio illimitato. La matematica di Dio, come traduce Piergiorgio Odifreddi ne’ Il vangelo secondo la scienza. “Dio è il punto all’infinito. Egli esprime l’universo, lo riduce a misura d’uomo, lo libera dalla sua illimitatezza, se ne fa carico e lo concentra interamente su di sé”. Rimuovendo quel punto, l’Universo ritrova il suo infinito muto, “un disegno sempre uguale a se stesso che si ripete in varie formule e risultati”. Miliardi di stelle, di sassi, di uomini.Sassi di Sacha Naspini è un libro di risposte a domande che nessuno ha posto, o si pone, tranne una:cos’è quel codice che esprime il corpo di un uomo, nel colore dei capelli, la forma delle mani, l’altezza?Ogni gratuita risposta è un colpo che ti arriva in faccia, quasi all’improvviso; perché il lettore ha pochi istanti di tempo per riconoscere la mano. Ricordi, pensieri, percezioni che come sassi “rotolano uno accanto all’altro, cozzano si rompono in frammenti e i frammenti si scontrano con altri frammenti.” Sassi, insomma, che per sfida e allegria si lanciano nel vuoto, che si raccolgono, si lasciano cadere a tonfo per ascoltare la profondità; sassi pesanti che i lupi cuciono nelle pance delle bambine.Con il Rosso e il Nero del gioco della notte, Stendhal attraversa l’intero racconto, uno specchio che riflette le qualità orfane dell’uomo, i buoni propositi della puttana, che pietra su pietra costruirà la sua casa, e quelli dell’arte: la “sindrome” , quel malessere che fa battere il cuore, sopravviverà alla Merda d’artista, sigillata da Piero Manzoni nella “scatoletta”?La lettura scorre, le intuizioni si fanno strada, il lettore va a passi veloci verso l’epilogo per controllare le soluzioni, verificare il risultato. Transeo lo cavalcone? Lo cavalcone non tiene , non ha retto i salti del monaco Zenone e il peso della fila longobarda; soli, senza tesoro e senza mappa, in fondo al mare, l’abate Faria, è chiuso nel suo sacco; non ci resta che Naspini e la sua ironia, la “rarità” necessaria: un uomo, una donna (con il suo sasso al collo) e una manciata di ghiaia.

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