lunedì 30 novembre 2009
mercoledì 25 novembre 2009
Francesco Celebrini su I CARIOLANTI
A volte capita, anche se raramente.
Quasi per caso si legge un libro di un giovane autore contemporaneo e conterraneo del quale non conoscevamo neanche il nome e si rimane colpiti e sconcertati.
In questo caso sto parlando del romanzo "I Cariolanti" di Sacha Naspini, autore maremmano (nato a Grosseto), pubblicato daElliot Edizioni e da circa un mese nelle librerie.
Il teatro degli eventi iniziali della narrazione è la Toscana nel 1918, durante la Prima Guerra Mondiale.
Dove, per sottrarre se stesso e la propria famiglia al male totale della guerra, un uomo si nasconde insieme alla moglie e al figlio di 9 anni in una buca scavata nel bosco, sopravvivendo in uno stato diindigenza assoluta e traendo nutrimento da tutto quello che capita, anche da radici, bachi e carne umana.
Inizia qui la catastrofe di Bastiano, il figlio, inconsapevole e, inizialmente, innocente protagonista di una storia atroce che lo condurrà, attraverso un percorso di miseria e brutalità, a unasemi demenza ferina da belva impazzita.
La discesa agli inferi viene tracciata senza appello ed ogni tentativo di riscatto del protagonista finisce in fallimento.
Una volta uscito dalla buca, infatti, il futuro di Bastiano è ormai irreparabilmente segnato ed ogni evento della sua vita lo allontanerà dagli uomini, lo renderà succube di un istinto rabbioso che lo spingerà più volte all'omicidio e, destino crudele, lo trasformerà , ormai adulto, in tutto ciò di cui lui stesso, da bambino, aveva terrore.
Quello che quindi all'inizio può sembrare un, seppur sofferto, romanzo di formazione, si trasforma invece, come scritto sulla copertina del libro, in un romanzo di "deformazione" dalle tinte forti e dalleatmosfere macabre e noir che progressivamente separano idealmente Bastiano dall'Holden Caulfield di Salinger, dall'Arturo Bandini di Fante o dall'Arturo Gerace della Morante, per dirne alcuni fra i tanti.
L'autore mostra una prosa sicura e matura, gestisce bene il plot narrativo evitando l'effetto splatter e traccia sapientemente ilcammino che dalla guerra porta alla pazzia, passando attraverso la fame e il delitto.
Brevemente per concludere, si tratta senz'altro di un racconto ben strutturato, un romanzo molto interessante e piuttosto originale, unafavola nera claustrofobica e impressionante quanto quella raccontata dalla madre al protagonista per fargli mangiare qualsiasi tipo di schifezza durante la permanenza nella buca all'inizio del libro: iCariolanti sono esseri sporchi, straccioni, magri fino all'osso e con braccia lunghissime che camminano lentamente strascicando i piedi e tirandosi dietro un carretto sul quale caricano i bambini viziati che non mangiano, per trasportarli nella loro tana e divorarli vivi.
venerdì 20 novembre 2009
I CARIOLANTI su Radio Città del Capo - 21.11.2009 alle ore 17.40
mercoledì 18 novembre 2009
I CARIOLANTI su SugarPulp.it a firma di Matteo Strukul
lunedì 16 novembre 2009
I CARIOLANTI a DUE MINUTI UN LIBRO
per ascoltare clicca qui:
http://www.dueminutiunlibr
Pagina Elliot Edizioni:
http://www.dueminutiunlibr
I CARIOLANTI
Elliot Edizioni
http://www.elliotedizioni.
venerdì 13 novembre 2009
Un'intervista per YouLibro.it
Fonte: http://nuke.youlibro.it/LaRedazione/LeIntervistedellaRedazione/tabid/478/Default.aspx
Sacha Naspini
Grosseto, 19 ottobre 1976
La Biografia:
Autore versatile, i cui temi spaziano dall' horror alla narrativa contemporanea (Il risultato, Never alone, Cento per cento). In alcuni casi ricorda in parte la scrittura di Carlo Cassola (L'ingrato), ma in altri lavori si avverte una certa ispirazione noir (I sassi) - quest'ultima opera citata, è stata spesso accostata ad alcune pubblicazioni di Giorgio Scerbanenco. Esordisce definitivamente nel panorama editoriale mainstream nell'ottobre 2009, con il romanzo I cariolanti, per la Elliot edizioni.
Le Opere:
L'intervista:
La Redazione - Partiamo dai Cariolanti? Quali sono state le meditazioni che ti hanno portato a questa storia?
La Redazione - I Cariolanti è un libro “bestiale”. So che è difficile giudicare sé stessi e la propria scrittura, possiamo provare?
S.N. - I Cariolanti è la cosa più viscerale che abbia mai scritto. Appena concluso, per un po’ di giorni ho avuto la sensazione di essere letteralmente svuotato, e anche un po’ orfano. Mi succede così solo nei casi in cui sento che il testo ha fatto centro – poi davvero, non sono io che devo entrare nel merito della cosa. Ma la bestialità, appunto – non gratuita, assolutamente –, l’istinto crudo e umano che sentivo e sento là dentro, continua a farmi pensare di aver scritto un buon testo. Una buona storia che valeva la pena di raccontare, con quei colori e quelle luci decise.
La Redazione - Quale rapporto hai con lo scrivere e quando è scattata questa molla verso la pagina scritta?
S.N. - Non è un rapporto bello. Non canto insieme agli angeli, quando scrivo, né mi emoziono se un uccellino si appoggia sulla mia finestra. Scrivo in modo febbricitante e frenetico. Mi serve, non saprei ancora dire bene perché. Mi serve raccontare storie. E via via che vado avanti non è che si fa tutto chiaro, anzi, si incasina sempre di più. Perché scopro nuove corde, e mi prende una fame assurda di metterle in moto al più presto. Ho iniziato a farlo da piccolissimo, forse a sei anni, boh, non ricordo, con le favolette che riscrivevo a modo mio, perché così mi piacevano di più.
La Redazione - Quanto tempo è rimasto nel cassetto il tuo primo romanzo?
S.N. - Il primissimo romanzo che ho scritto è tutt’ora nel cassetto, e direi che sta bene dove sta.
La Redazione - Quanto sono importanti per te eventi quali il Festival della Letteratura di Mantova, Premio letterario Nemo, e questi circuiti in generale.
S.N. - Vado volentieri alle fiere, anche se poi, alla vista di quelle colonne di libri, mi prende un po’ di panico. C’è così tanta gente che scrive, ti dici, e devi essere bravo a non farti prendere dallo scoramento. Sembra che tutti abbiano così tante cose importanti da dire – ovvio, mi ci metto anch’io, dentro. Tutti vogliono dire a tutti che hanno scritto un libro. Sembra che se dici così, poi esisti di più, o qualcosa del genere. Così vai alle rassegne e vedi tutti quei titoli, quei nomi, quelle facce. Dicevo, vado volentieri alle fiere, ma spesso ne vengo fuori un po’ demolito, ecco. Confuso. In un certo modo, quasi spersonalizzato.
Per i premi, non saprei dire bene. All’inizio ho partecipato a diversi, con buoni risultati, ma poi ho smesso. Sono comunque buone occasioni per metterti in gioco, credo.
La Redazione - E un tuo giudizio su Facebook, Myspace, social network etc? Intendo come opportunità per farsi conoscere… e di YouLibro cosa ne pensi?
S.N. - I social network sono dei giochini utili, uno li utilizza un po’ come vuole. Basta avere la precisa cognizione di ciò che si ha per le mani, e avanti popolo, ognuno sceglie per sé cosa farne. Per me sono un modo per stare in contatto con gente che conosco e gente che ho l’opportunità di conoscere in rete. Sono nati dei rapporti stupendi, tra l’altro, con persone che normalmente, senza il web, chissà se avrei mai incontrato.YouLibro. È sicuramente un bel progetto, una bella palestra di confronto, senza dubbio.
La Redazione - Quali criteri hai usato per scegliere l’editore e perché ti sei fidato?
S.N. - I criteri a volte sono stati del tutto casuali e fortuiti, altre volte mi hanno direttamente contattato. Effequ accettò il mio primo progetto, L'ingrato. Ma già ero in contatto con Il Foglio di Gordiano Lupi, con un premio vinto nel 2005, fu a lui che proposi il mio secondo romanzo, I sassi. Poi c'è stata Voras, con Never alone, in questo caso fui contattato direttamente da loro, mi chiesero se avevo qualcosa da proporgli e ce l'avevo. Allo stesso modo è andata con Sered, per il gruppo Sprea, con la fiction di cui parlavo prima; e così per Historica, con Cento per cento. Finché è arrivata Elliot, ad aprile. Appena lessi quella mail di Massimiliano Governi, saltai sulla sedia. Ho stretto con lui e i ragazzi della redazione un rapporto stupendo.
La Redazione - Quante revisioni fai ai tuoi testi prima di sottoporli ad un editore?
S.N. - Da questo punto di vista sono abbastanza veloce. Solitamente, in fase di prima stesura, scrivo “da definitivo”, e alla fine dei giochi, in rilettura, si salva subito almeno il novanta per cento del testo. Spesso, quando invio in valutazione, quello che va in stampa – se ci va – è grossomodo la bozza iniziale.
La Redazione - Prima della pubblicazione, l’editore ti ha proposto un editing?
S.N. - L’editing è d’obbligo, assolutamente. È sempre opportuno che altri occhi rileggano, magari individuando scorie o passaggi a un primo sguardo poco chiari, che possono confondere il lettore portandolo momentaneamente via dalla storia.
La Redazione - Cosa consiglieresti a chi volesse pubblicare un suo romanzo?
S.N. - Di capire sinceramente, con il cuore in mano, se la storia che è stata scritta vale la pena di essere letta. Se non è solo un’operazione di autoerotismo mentale o roba simile. Se c'è una voce bella che vale la pena di conoscere. Insomma, di avere rispetto di un eventuale lettore, anche se è tua sorella. Direi, specialmente se è tua sorella.
La Redazione - Infine i tuoi progetti futuri…
S.N. - Adesso sono in piena promozione con I Cariolanti, all'orizzonte si prospettano belle novità. Anche gli altri libri si stanno muovendo bene, in varie direzioni. Poi sono a buon punto con un nuovo romanzo, che ha per titolo provvisorio “Una storia normale”. Mooolto provvisorio.
mercoledì 11 novembre 2009
lunedì 9 novembre 2009
Perché leggere "I Cariolanti" di Sacha Naspini - a cura di Maria Silvia Avanzato
Perché leggere "I Cariolanti" di Sacha Naspini
Perché è un libro che non si può descrivere in un pugno di righe. Crudo, selvatico, spietato, tenero a suo modo, comico a suo modo, il libro di Sacha è un piccolo gioiello che profuma di antico, di storia, di rabbia e d'amore. O amore negato, a dirla tutta. Il protagonista "cresce" col lettore: da bambino, a ragazzo, a uomo adulto, ogni capitolo svela qualcosa di lui, è una carrellata veloce nella vita difficile e mai impossibile di un abitante del bosco. Abitante? Possiamo chiamarlo così? No, perché Bastiano non "abita" nel bosco, ma ci è nascosto. Nascosto assieme al padre e la madre in un rifugio sotterraneo per scampare alle minacce della guerra. Questa guerra vuole il padre di Bastiano arruolato e allora ci si nasconde: fra gli animali, gli alberi, i disperati segreti e le atrocità che può comportare una guerra vista da sottoterra. La fame, la miseria, la necessità di lottare e sporcarsi le mani. Bastiano, agli esseri umani, preferisce i cani randagi, i cinghiali, le bestie selvatiche della sua Toscana. Trova in quanto lo circonda tutto ciò che gli serve, eccetto una cosa: l'amore. L'amore che conosce in modo maldestro e cupo, affrettato ed esasperato. E allora partire, combattere, trascendere, diventare tutt'uno con le bestie e col bestiale bisogno di amare, ciascuno alla propria maniera, ciascuno come può. Sono stata volontariamente telegrafica perché non voglio svelare nulla di un libro che chiede di essere letto e incoraggia a proseguire, pagina dopo pagina. Però posso dirvi cosa mi è rimasto nel cuore, dopo aver letto questa avventura elettrizzante che lascia poco spazio per riprendere fiato: ho pensato "Homo homini lupus". A parer mio, é la miglior definizione per questo fantastico romanzo che vi auguro di leggere il prima possibile: con la giusta dose di stomaco, senza dimenticarsi del cuore. Maria Silvia Avanzato http://www.ibs.it/code/9788861921054/naspini-sacha/cariolanti |